martedì 27 luglio 2010

A

Nella lingua salentina la parola a assume un gran numero di significati, alcuni dei quali differenti da quelli assunti dall'italiano. Aiutandomi con il Rohlfs ed i lavori di Antonio Garrisi, li vorrei qui elencare:

1) può assumere la funzione di descrivere un movimento, verso persona o luogo (p.e. Vocu a Francaidda) con la particolarità di raddoppiare il suono della eventuale consonante iniziale della parola seguente nel caso in cui il suono normale fosse singolo. Ciò è evidente nella costruzione delle preposizioni articolate: a llu, a lla, a lli, a lle. A tal riguardo si possono trovare normalmente le due differenti ortografie, quella che prevede preposizione e articolo scritti come un'unica parola, e quella che li prevede separati. Personalmente preferisco quest'ultima scelta, da mantenere coerente con tutte le altre preposizioni. Un esempio di movimento verso persona: salute a tteni, dove il pronome te vede la t iniziale raddoppiarsi, nonché l'aggiunta del suffisso ni che, citando il lavoro "Pugliese e salentino: alcuni fenomeni fonologici" di Stefano Canalis, viene aggiunto per mantenere un ritmo binario. Rimando comunque all'articolo citato per ulteriori approfondimenti, mi sembra un tema abbastanza complicato da comprendere per chi non mastica bene il mondo della metrica.

2) può assumere la funzione di complemento di stato in luogo. In questo caso non v'è raddoppiamento dell'eventuale consonante iniziale della parola successiva, ma può esserci l'aggiunta della lettera n alla preposizione: stae an terra (è a terra);

3) introduce il complemento oggetto personale, in questo caso c'è il fenomeno del raddoppiamento fonosintattico: lu vogghju ddocu a tteni (lo voglio dare a te);

4) in composizione con comu e cŭantu, anche in questo caso c'è il raddoppiamento fonosintattico: comu a nnu martieḍḍu (come un martello), àutu cŭantu a nnu palazzu (alto quanto un palazzo);

5) Può congiungere due verbi di uguale tempo e persona, con raddoppiamento fonosintattico: Me vogghju a llavu (mi voglio lavare), no vogghju a vvau (non voglio andare), no vvulia a ddurmia (non voleva dormire, suggerisco di scrivere la forma abbreviata: no vvuli'a ddurmia per mettere in evidenza la presenza della a congiunzione). In questo caso vale la pena osservare che, come spesso capita nella lingua salentina, frasi che in italiano richiederebbero il verbo nella forma infinita, in salentino richiedono la forma indicativa del verbo.

6) Locuzione: a cci, col senso di "colui che", "chiunque" (p.e. a cci vole vole : chiunque voglia)

7) Insieme al verbo aire: air'a corrispondente all'italiano "dovere", si mantiene nelle forme della coniugazione, p.e. agghju + a + scere per "devo andare" -> agghj'a šcere, per il raddoppiamento fonosintattico la s si è trasformata in š.

Con questo al momento chiudo, presto aggiungerò in un altro posto le funzioni di "a" quando è troncamento di un'altra parola :P

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